Care e cari,
ben ritrovati. Ci auguriamo che tutto proceda per il meglio. A Venezia e Trieste stiamo bene:
tra una settimana comincia l’estate e il clima è molto piacevole!
Il brano scelto per questo mese è estratto dall’introduzione di In altre parole, il primo libro scritto in italiano da Jhumpa Lahiri, professoressa e scrittrice. Lahiri paragona lo studio
dell’italiano all’attraversamento di un lago: un’esperienza straordinaria.
Speriamo che per tutti voi sia sempre così.
Vi auguriamo una buona estate, cari saluti da Carola
e da tutto il gruppo di Istituto Venezia!
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Voglio attraversare un piccolo lago. È veramente piccolo, eppure l’altra
sponda mi sembra troppo distante, oltre le mie capacità. So che il lago è molto
profondo nel mezzo, e anche se so nuotare ho paura di ritrovarmi nell’acqua da
sola, senza nessun sostegno.
Si trova, il lago di cui parlo, in un luogo appartato, isolato. Per
raggiungerlo si deve camminare un po’, attraverso un bosco silenzioso.
Dall’altra parte si vede una casetta, l’unica abitazione sulla sponda. Il lago
si è formato subito dopo la glaciazione, millenni fa.
L’acqua è più pulita ma scura, priva di correnti, più pesante rispetto all’acqua salata. Dopo che ci si entra,
ad alcuni metri dalla riva, non si vede più il fondo.
Di mattina osservo quelli che vengono al lago come me. Vedo come lo
attraversano in maniera disinvolta e rilassata, come si fermano qualche minuto davanti alla casetta, poi
tornano indietro. Conto le loro bracciate. Li invidio.
Per un mese nuoto in tondo, senza spingermi al largo. È una distanza molto più
significativa, la circonferenza rispetto al diametro. Impiego più di
mezz’ora per fare questo giro. Però sono sempre vicina alla riva. Posso
fermarmi, posso stare in piedi se mi stanco. Un buon esercizio, ma non certo
emozionante. Poi una mattina, verso la fine dell’estate mi incontro lì con due
amici. Ho deciso di attraversare il lago con loro, per raggiungere finalmente
la casetta dall’altra parte. Sono stanca di costeggiare solamente. Conto le bracciate. So che i miei compagni sono con me, ma so
che siamo soli. Dopo circa centocinquanta bracciate sono già in mezzo, la parte
più profonda. Continuo. Dopo altre cento rivedo il fondo. Arrivo dall’altra
parte, ce l’ho fatta senza problemi. Vedo la casetta, finora lontana, a due
passi da me. Vedo le distanti, piccole sagome di mio marito, dei miei figli. Sembrano irraggiungibili ma so che non lo sono. Dopo una traversata, la sponda conosciuta diventa la parte
opposta: di qua diventa di là. Carica di energia, riattraverso il lago. Esulto.
Per vent’anni ho studiato la lingua italiana come se nuotassi lungo i bordi di
quel lago. Sempre accanto alla mia lingua dominante, l’inglese. Sempre
costeggiandola. È stato un buon esercizio. Benefico per i muscoli, per il
cervello, ma non certo emozionante. Studiando una lingua straniera in questo
modo, non si può affogare. L’altra lingua è sempre lì per sostenerti, per
salvarti. Ma non basta galleggiare senza la possibilità di annegare, di colare a picco. Per conoscere una nuova lingua, per immergersi, si deve
lasciare la sponda. Senza salvagente. Senza poter contare sulla terraferma.
Qualche settimana dopo aver attraversato il piccolo lago nascosto, faccio una
seconda traversata. Molto più lunga, ma niente di faticoso. Sarà la prima vera
partenza della mia vita. Questa volta in nave, attraverso l’Oceano Atlantico,
per vivere in Italia.
o sostegno: supporto, elemento che serve a
sostenere
o
appartato: separato dagli altri
o
glaciazione: periodo climatico molto freddo
o
priva: mancante
o
disinvolta: a proprio agio, spontanea
o
bracciate: movimenti delle braccia
o
circonferenza: curva che chiude il cerchio
o
diametro: linea che unisce la circonferenza, passando per il centro
o
costeggiare: navigare vicino alla costa
o
sagome: profilo o forma di una persona o di una cosa
o
irraggiungibili: inaccessibili
o
sponda: riva
o
galleggiare: stare sulla superficie dell’acqua
o
annegare: sprofondare in acqua
o colare a
picco: andare
rapidamente a fondo
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