mercoledì 24 luglio 2024

notizie da Venezia e Trieste, luglio 2024

Care e cari,

torno a scrivervi per il nostro appuntamento mensile, spero davvero che tutti voi stiate bene e che stia splendendo il sole sulla vostra estate!

Noi stiamo bene, c’è il caldo tipico di luglio e siamo felici! Tanti studenti stanno studiando a
Venezia e a Trieste, siamo sempre molto contenti di vedere nuovi arrivi e vecchi ritorni.

Spero che abbiate tempo durante le vacanze estive per una nuova lettura che ci tengo a consigliarvi, I pesci non chiudono gli occhi di Erri De Luca. È un romanzo del 2011, molto breve ma molto bello: racconta con gli occhi di un adulto l’infanzia trascorsa al mare, a Ischia, narrando avventure e vicende sentimentali senza tralasciare descrizioni geografiche, parentesi storiche e aneddoti, come quello sulla pesca con cui si apre il romanzo e il testo che ho scelto per voi.

Vi auguro una
buona lettura, un periodo felice e di potervi riposare al mare o al lago, in montagna o in collina, in città o in campagna o in qualsiasi luogo vi troviate. Ci sentiamo tra un mese, un caloroso abbraccio da Carola e da tutto il gruppo di Istituto Venezia!

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“Te lo dico una volta e già è troppo: sciacqua le mani a mare prima che metti il morso all’esca. Il pesce sente odore, scansa il boccone che viene da terra. E fai tale e quale a come vedi fare, senza aspettare uno che te lo dice. Sul mare non è come a scuola, non ci stanno professori. Ci sta il mare e ci stai tu. E il mare non insegna, il mare fa, con la maniera sua.”
Scrivo in italiano le sue frasi e tutte insieme. Quando le diceva erano
scogli staccati e molte onde in mezzo. Le scrivo in italiano, senza la sua voce a dirle nel dialetto sono spente. Iniziava spesso con la “e”. A scuola insegnano che non si comincia un periodo con una congiunzione. Per lui la frase era la continuazione di un’altra detta un’ora, un giorno prima. Parlava poco, a spazi larghi di silenzio mentre sbrigava le faccende di una barca a pesca. Per lui si trattava di un solo discorso, che ogni tanto si staccava di bocca con la “e”, lettera che a scriverla disegna un nodo. Ho imparato dalla sua voce a iniziare frasi con la congiunzione.
Ci vedeva qualcosa di buono in me, bambino di città che d’estate veniva sopra l’isola. Scendevo alla spiaggia dei pescatori, stavo i pomeriggi a guardare le
mosse delle barche. Con il permesso di mamma potevo andare su una di quelle, lunghe, coi remi grossi come alberi giovani. A bordo facevo quasi niente, il pescatore si faceva aiutare in qualche mossa e mi aveva insegnato a muovere i remi, grandi il doppio di me, stando in piedi e spingendo il mio peso su di loro a braccia tese e in croce. Pianissimo la barca si spostava e poi andava. Quel risultato mi faceva grande. Al pescatore serviva in qualche momento la mia piccola forza ai remi. Non mi faceva accostare agli ami, alle lunghe lenze col piombo di profondità. Erano attrezzi di lavoro e stavano male in mano ai bambini. In terraferma, a Napoli, invece stavano eccome i ferri e le ore di lavoro sui bambini.
Mi faceva gettare l’ancora. Avevo raggiunto i dieci anni, un
groviglio d’infanzia ammutolita. Dieci anni era traguardo solenne, per la prima volta si scriveva l’età con doppia cifra. L’infanzia smette ufficialmente quando si aggiunge il primo zero agli anni. Smette ma non succede niente, si sta dentro lo stesso corpo di marmocchio inceppato delle altre estati, rimescolato dentro e fermo fuori. Tenevo dieci anni. Per dire l’età, il verbo tenere è più preciso. Stavo in un corpo imbozzolato e solo la testa cercava di forzarlo.
Finite le scuole elementari con un anno di anticipo, in quell’estate ero già uscito dalla prima media. Era ammessa finalmente la penna a sfera, tolto il grembiule nero, niente più
calamaio, pennino e carta assorbente, detta carta zuca in dialetto, carta succhia. […] Me ne stavo rinchiuso nell’infanzia, per balia asciutta avevo la stanzetta dove dormivo sotto i castelli di libri di mio padre. Salivano da terra sul soffitto, erano torri, cavalli e fanti di una scacchiera messa in verticale.

 

o   esca, boccone: cibo per attirare i pesci

o   scansa: si sposta, evita

o   scogli: roccia che emerge dal mare

o   sbrigare le faccende: portare a termine un lavoro, domestico e non

o   nodo: intreccio o incrocio di una corda o di un altro oggett

o   mosse: movimenti

o   tese: dritte

o   accostare: mettere vicino, avvicinare

o   lenze: fili che servono per pescare

o   piombo: metallo pesante

o   groviglio: nodo complesso

o   ammutolita: zitta

o   solenne: importante

o   smette: finisce, termina

o   marmocchio inceppato: bambino insicuro

o   imbozzolato: dentro al bozzolo, non ancora maturo fisicamente

o   calamaio: contenitore per inchiostro

o   balia: protezione, cura e custodia per bambini

o   torri, cavalli e fanti: pezzi del gioco degli scacchi

venerdì 21 giugno 2024

notizie da Venezia e Trieste, giugno 2024

Care e cari,

spero tanto che tutti voi stiate bene, ben trovati e buon inizio estate!

La
bella stagione è arrivata e per tutti noi e per i nostri studenti è piacevole trascorrere tempo felice nelle nostre città, al mare, nelle piazze di Trieste e nei campi di Venezia, allietati da sagre, concerti ed eventi.
I corsi procedono bene e tanti studenti stanno partecipando a lezioni di italiano, arte e cucina, a
Venezia e a Trieste!

Questo mese il libro che voglio consigliarvi, da leggere magari al mare sotto l’ombrellone o in montagna all’ombra di un albero, è Autobiogrammatica. Il libro di Tommaso Giartosio è uno dei candidati per il Premio Strega 2024: un prestigioso riconoscimento letterario, la finale quest’anno si terrà il prossimo 4 luglio.

Aldilà dei premi e dei riconoscimenti, questo libro è un’opera bellissima che racconta una vera e propria
storia d’amore tra l’autore e le sue parole. L’oggetto principale del libro è un gioco-viaggio lungo la storia del linguaggio.
Le
parole sono protagoniste assolute del libro che racconta di sfumature linguistiche e di vita, dando vita ad un romanzo in cui la lingua è sia il mezzo che il fine.

Spero proprio che vi piaccia! Vi lascio alla lettura del testo e ci sentiamo il prossimo mese con un nuovo libro da scoprire e una nuova storia da leggere insieme. Che siano
giorni di sole felici, un affettuoso saluto da Carola e dal gruppo di Istituto Venezia!

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La pasta al forno con i peperoni era croccante quasi quanto la parola croccante, era untuosa come untuosa. Tu che leggi, pronuncia queste due parole a voce alta prima di proseguire, così sappiamo di cosa stiamo parlando. Fatto? Allora andiamo.
Era sera. Antonio serviva i maccheroni, noi altri tre
sorseggiavamo del Rapitalà, gli ospiti stavano parcheggiando, e in tavola c’erano dei piatti di coccio grezzo dipinti a grandi fiori arancioni: perfettamente brutti in quanto immagini, ma in quanto realtà perfettamente belli.
Con Chiara e Antonio avevamo preso in affitto, io e Carlo, una casetta al mare in Sicilia. Chiara era l’amica che ci aveva fatti conoscere tre anni prima; ora, innamorati e fieri della nostra unione, eravamo una coppia
consolidata (che espressione terribile, da lezione di chimica o fisica, qualcosa da desiderare e da temere e di cui soprattutto illudersi!). Proprio per confermarci tali, ma anche per smentirci tali, avevamo voglia di esplorare luoghi nuovi; però portandoci dietro Chiara come prova d’acquisto, e scegliendo – tra tutte le parti d’Italia a noi ancora ignote – giusto la regione in cui lei era cresciuta. Non ci ero stato quasi mai in Sicilia, ma soprattutto non l’avevo pensata.
Quando sentivo la parola Sicilia dovevo subito pronunciare sottovoce, o almeno provare a pensare ad alta voce, le parole:
triquetra insula. Era la definizione offerta nel mio primo libro di esercizi latini, prima media, capitolo sulla declinazione. La Sicilia, l’isola triangolare. […]
I nostri amici ci avrebbero raggiunti dopo due settimane. Noi due eravamo arrivati da soli, appena scoccato luglio, quando il traghetto da Napoli ci aveva
deposti su un molo di Palermo. Mi aspettavo il trattamento mediterraneo completo, vicoli e riflessi marini e carretti di pescato e balconi con donne che urlano nomi di ragazzini; invece avevamo attraversato una città di palazzine moderne scrostate e mercati semivuoti, ai piedi di una montagna bruna. Per il mio momento di colore locale avevo dovuto aspettare la sera, in un ristorante allestito nel cortile di un palazzo nobiliare. I camerieri volteggiavano tra i grandi tavoli affollati e le stelle filanti delle sigarette, portando mazzi di calici e plateau di frutti di mare; la notte brillava di un lucore dorato, sembrava un film in costume. Ero appagato ma non convinto.
Di mattina eravamo ripartiti. Nella Punto azzurra comprata pochi mesi prima non avevo voluto l’aria condizionata, mi sembrava un lusso immeritato. Ora tenevamo i finestrini aperti ma Carlo non poteva appoggiare il gomito fuori, sulla portiera
rovente. Stringeva con due mani l’atlante stradale e non appena accendeva una sigaretta il vento se lo ripigliava, strappando via le pagine.
Del resto l’atlante non ci serviva. La strada era una sola, una statale larga e polverosa che sarebbe stata un’autostrada se solo si fosse applicata. Macchine poche.

 

o   untuosa: piena di olio

o   sorseggiavamo: bere a piccoli sorsi, piano piano

o   Rapitalà: famosa e prestigiosa cantina siciliana

o   coccio grezzo: terracotta non raffinata

o   consolidata: stabile, durevole, sicura

o   prova d’acquisto: ricevuta, scontrino, prova di vendita; in questo caso significato figurato

o   triquetra insula: isola triangolare

o   deposti: messi giù, piazzati, posati

o   scrostate: senza l’intonaco, vecchie o rovinate

o   volteggiavano: fare grandi giri

o   stelle filanti: le immagini create dal fumo delle sigarette

o   appagato: soddisfatto

o   rovente: caldissima

o   ripigliava: riprendeva

notizie da Venezia e Trieste, maggio 2024

Care e cari,

ben trovati, speriamo che tutto stia andando per il meglio per tutti voi.

Noi stiamo bene, i nostri studenti a
Venezia e a Trieste sono felici e partecipano ai nostri corsi di italiano e a tutte le attività culturali che offriamo quotidianamente come passeggiate artistiche e culturali, cineforum, lezioni su dialetti, tradizioni e curiosità sull’Italia, l’italiano e gli italiani.

La primavera sta procedendo e dopo qualche giorno di pioggia tornerà presto il sole che ci permetterà di passeggiare per Piazza San Marco, Piazza Unità d’Italia, le strette calli e le maestose vie delle nostre stupende città.

Il libro scelto per questo mese è Via delle Magnolie 11 di Stefania Bertola, una scrittrice, traduttrice e sceneggiatrice torinese. Il romanzo è stato scritto durante il periodo della pandemia e racconta vicende di personaggi particolari con storie che si intrecciano in un condominio dove vive la famiglia Boscolo, protagonista assoluta dell’opera.

Vi lascio alla lettura del brano estratto da questo libro che sa essere ironico e leggero, coinvolgente e divertente per il lettore che saprà sicuramente cogliere sfumature serie e punti su cui riflettere.

Buona lettura, buona fine maggio e buon inizio giugno! Ci sentiamo presto con una nuova storia da scoprire insieme. Un carissimo saluto da Carola e dal gruppo di Istituto Venezia!

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Quando Stella Marina si sveglia la mattina dopo, è domenica. Per fortuna la Coop di Rivabella è una Coop semplice, non una Iper, e la domenica rispetta il terzo comandamento e santifica la festa. Stella Marina può pigrare un po’ a letto, fare una lunga doccia inondandosi di bagnoschiuma agli agrumi freschi di Sicilia, mettersi il balsamo sui capelli e fare colazione con calma, procedendo nella lettura di Oltre gli scogli di Elinor Glyn, un’autrice della Biblioteca della Rosa Salani. Ha scoperto quest’appassionante e ormai defunta collana frequentando una bancarella di libri usati in piazza Guevara: sono un po’ come gli Harmony, con protagoniste molto più eleganti.
I romanzi della Rosa la incoraggiano a sperare. […] Stella Marina divora la terza fetta di pane, burro e pasta d’acciughe, e sospira: purtroppo non è più solo Ludovica a minacciare la sua eventuale storia d’amore con Lorenzo, ora c’è anche la cugina Antonia del New Jersey.
E infatti conviene
sbrigarsi: l’intera famiglia Boscolo è convocata a pranzo a casa di Giuseppe e Jolanda per un consiglio di guerra.
Ore 13, sala da pranzo situata al pian terreno della palazzina in via delle Magnolie 11. Attorno al grande tavolo rettangolare
allungabile dell’Ikea, siedono Giuseppe e Jolanda Boscolo, il figlio maggiore Alvise con la moglie Giulietta e i piccoli Dimitri e Natasha, la figlia minore Stella Marina, nonna Maddalena, madre di Giuseppe, e la nipote Claudia.
Al centro della tavola, una teglia a
due piazze di pasta al forno, che nonna Maddalena sta fotografando per postarla su Instagram, nella speranza che dia una bella spinta alla sua ancora inesistente carriera da influencer.
A parlare è mamma Jolanda, abile nel fare due cose contemporaneamente: distribuire carboidrati e invocare l’aiuto del Signore.
 – La cosa migliore, – sta dicendo mentre
piazza dieci centimetri quadrati di pasta nel piatto di Natasha, – sarebbe che a sto Jeremy gli venisse qualche malattia che non può partire, e lo dico perché sarebbe meglio così piuttosto che se cade l’aereo nell’oceano e mi muoiono chissà quanti poveracci che non c’entrano niente.
 – Zia, – Claudia sta già facendo il bis. La sua velocità nel consumare il cibo è leggendaria, ricorda quella degli dèi della mitologia
norrenica. – È inutile che stiamo qua a sperare che a Jeremy venga un coccolone o altro. Meglio che pensiamo a cosa fare se quello arriva in buona salute.
 – Chi è geremiiiii! – strilla Dimitri. Anni cinque,
abbigliato con un costume verde da drago, unico capo relativamente pulito presente nel suo armadio quel mattino.
 – È un cugino che sta in America, tesoro di nonna. Il figlio di Nancy, la figlia di Antonia, la nipote della prozia Rosaura.

o   Coop: catena di supermercati italiani

o   comandamento: legge, obbligo dei fedeli cristiani

o   pigrare: fare i pigri, dormire, riposare a lungo

o   inondandosi: bagnandosi

o   defunta: morta, finita, terminata

o   bancarella: tavolo del mercato

o   sbrigarsi: fare veloce

o   allungabile: che può diventare più lungo, più grande

o   due piazze: porzione doppia, come il “letto a due piazze” che è un letto doppio, matrimoniale, grande

o   piazza: in questo caso il verbo “piazzare” è un sinonimo del vermo “mettere”, esprime il “mettere il cibo nel piatto”

o   sto: forma breve, popolare, di “questo”

o   poveracci: persone innocenti, non coinvolte nei fatti

o   norrenica: norrena, si riferisce alla mitologia nordica, scandinava

o   coccolone: colpo, spavento, malore improvviso

abbigliato: vestito

notizie da Venezia e Trieste, aprile 2024

Care e cari,

spero che tutti stiate bene! Ben ritrovati, come sempre.

A Venezia tutto procede bene, sono giorni particolari, pieni di
eventi, feste e di ricorrenze.
Il
25 aprile in Italia è la Festa della Liberazione che ricorda la liberazione delle città italiane dal nazismo e dal fascismo, ad opera del movimento partigiano. 
Ancora, a Venezia il 25 aprile ricorre la festa di
San Marco, santo patrono della città a cui sono dedicate la bellissima piazza e la stupenda basilica. In questa occasione è tradizione, tra le persone amate, regalarsi il bòcolo – cioè un bocciolo di rosa rossa.

A Trieste sono ricominciati i corsi di italiano e moltissimi studenti hanno deciso di trascorrere un periodo di studio in questa meravigliosa città, accogliente e cosmopolita.

Il brano scelto per questo mese è tratto da un bellissimo libro del 2017 di Giuseppe Barbera che si intitola Abbracciare gli alberi. Barbera è un agronomo, cioè un esperto di piante, che è da sempre impegnato nella tutela del paesaggio. In questo libro, l’autore racconta del grande ruolo degli alberi, della loro identità e della loro funzione naturale e culturale. È un racconto immersivo che fa bene al cuore.

Buona lettura, un carissimo saluto a tutti da Carola e da tutto il gruppo di Istituto Venezia!

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Milioni di anni fa siamo scesi dagli alberi, per poi passare gran parte del nostro tempo a tagliarli o bruciarli. Da diecimila anni abbiamo anche imparato a piantarli e coltivarli, ma lo abbiamo fatto in misura molto minore. E adesso che avremmo bisogno di loro per mantenere gli equilibri ecologici, ci accorgiamo che sono pochi e mal curati.
Il rapporto tra gli organismi più evoluti del regno animale e quelli del regno vegetale non è stato
equo, perché noi abbiamo tagliato almeno la metà delle foreste del pianeta, trascurato giardini e arboreti nonostante i loro alberi abbiano reso fertile il suolo e respirabile l’aria, mitigato gli eccessi del clima, fornito legna, frutti, ombra, bellezza per mille usi indispensabili e piacevoli.
Ci sono molte buone ragioni per abbracciare gli alberi. Alcuni credono che, attraverso questo gesto, alberi e uomini entrino in comunicazione: si può dubitarne purché non si dimentichi che il senso del sacro è nato proprio
al cospetto degli alberi, osservando la loro capacità di andare oltre i limiti angusti della primitiva percezione: le radici in fondo alla terra e le chiome che si perdono nel cielo, la vita che rinasce ogni primavera dopo che è sembrata morire in autunno. […]  
Ci sono molte buone ragioni per abbracciare, difendere e coltivare gli alberi. Per trovarle e sostenerle non bisogna affidarsi solo all’
arboricoltura, all’ecologia e alla selvicoltura, ma a tutti i campi del sapere che insieme testimoniano di un rapporto antico e profondo. La mitologia e la poesia, la narrativa e la filosofia, la storia e la geografia, la pittura e la musica offrono moltissime occasioni che si uniscono a quelle delle scienze arboree. È la corteccia degli alberi, il liber latino, che qualcuno trasse dal tronco per tracciare parole su una superficie più agevole di quella offerta da un pezzo di argilla, ad aver permesso che gli atti del coltivare, del prendersi cura, fossero estesi dalla terra all’animo umano, alla cultura animi che «come un campo, per quanto fertile, non può dare frutti senza coltivazione». […]
Piantare e difendere gli alberi non è, quindi, affare soltanto degli
arboricoltori, ma di chiunque abbia a cuore il futuro del pianeta. Vanno messe in campo non solo le risorse della scienza e della tecnica, ma anche quelle della creatività. Serve un patto tra uomini e alberi.

 

o   equo: equilibrato, giusto

o   arboreti: alberi da frutto

o   suolo: terreno

o   mitigato: reso più mite, meno intenso

o   al cospetto: alla presenza, davanti

o   angusti: stretti, scomodi, scarsi

o   radici: organo delle piante immerso nel terreno che porta acqua e sali minerali

o   chiome: parte superiore degli alberi, insieme di foglie

o   arboricoltura: scienza relativa alla coltivazione degli alberi

o   selvicoltura: scienze relative alle foreste

o   arboree: relative agli alberi

o   corteccia: parte esterna delle piante, degli alberi

o   tronco: fusto, parte dell’albero tra le radici e la chioma

o   argilla: roccia che assorbe molta acqua

o   arboricoltori: chi si occupa di arboricoltura