Care e cari,
spero tanto che tutti voi stiate bene, ben
trovati e buon inizio estate!
La bella stagione è arrivata e per tutti noi e per i nostri studenti è piacevole
trascorrere tempo felice nelle nostre città, al mare, nelle piazze di Trieste e nei campi di
Venezia, allietati da sagre, concerti ed eventi.
I corsi procedono bene e tanti studenti stanno partecipando a lezioni di
italiano, arte e cucina, a Venezia e a Trieste!
Questo mese il libro che voglio consigliarvi,
da leggere magari al mare sotto l’ombrellone o in montagna all’ombra di un
albero, è Autobiogrammatica. Il libro di Tommaso
Giartosio è uno dei candidati per il Premio Strega 2024: un prestigioso
riconoscimento letterario, la finale quest’anno si terrà il prossimo 4 luglio.
Aldilà dei premi e dei riconoscimenti, questo libro è un’opera bellissima che
racconta una vera e propria storia
d’amore tra l’autore e le sue parole. L’oggetto
principale del libro è un gioco-viaggio lungo la storia
del linguaggio.
Le parole sono protagoniste assolute del libro che racconta di sfumature linguistiche e di vita, dando
vita ad un romanzo in cui la
lingua è sia il mezzo che il fine.
Spero proprio che vi piaccia! Vi lascio alla lettura del testo e ci sentiamo il
prossimo mese con un nuovo libro da scoprire e una nuova storia da leggere
insieme. Che siano giorni
di sole felici, un affettuoso saluto da Carola e dal gruppo di
Istituto Venezia!
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La pasta al forno con i peperoni era croccante quasi quanto
la parola croccante, era untuosa come untuosa. Tu che leggi, pronuncia queste due parole a
voce alta prima di proseguire, così sappiamo di cosa stiamo parlando. Fatto?
Allora andiamo.
Era sera. Antonio serviva i maccheroni, noi altri tre sorseggiavamo del Rapitalà, gli ospiti stavano
parcheggiando, e in tavola c’erano dei piatti di coccio
grezzo dipinti a grandi
fiori arancioni: perfettamente brutti in quanto immagini, ma in quanto realtà
perfettamente belli.
Con Chiara e Antonio avevamo preso in affitto, io e Carlo, una casetta al mare
in Sicilia. Chiara era l’amica che ci aveva fatti conoscere tre anni prima;
ora, innamorati e fieri della nostra unione, eravamo una coppia consolidata (che espressione terribile, da
lezione di chimica o fisica, qualcosa da desiderare e da temere e di cui
soprattutto illudersi!). Proprio per confermarci tali, ma anche per smentirci
tali, avevamo voglia di esplorare luoghi nuovi; però portandoci dietro Chiara
come prova d’acquisto, e scegliendo – tra tutte le parti d’Italia a noi ancora
ignote – giusto la regione in cui lei era cresciuta. Non ci ero stato quasi mai
in Sicilia, ma soprattutto non l’avevo pensata.
Quando sentivo la parola Sicilia dovevo subito pronunciare sottovoce, o almeno
provare a pensare ad alta voce, le parole: triquetra insula. Era la definizione offerta nel
mio primo libro di esercizi latini, prima media, capitolo sulla declinazione.
La Sicilia, l’isola triangolare. […]
I nostri amici ci avrebbero raggiunti dopo due settimane. Noi due eravamo
arrivati da soli, appena scoccato luglio, quando il traghetto da Napoli ci
aveva deposti su un molo di
Palermo. Mi aspettavo il trattamento mediterraneo completo, vicoli e riflessi
marini e carretti di pescato e balconi con donne che urlano nomi di ragazzini;
invece avevamo attraversato una città di palazzine moderne scrostate e mercati semivuoti, ai piedi di
una montagna bruna. Per il mio momento di colore locale avevo dovuto aspettare
la sera, in un ristorante allestito nel cortile di un palazzo nobiliare. I
camerieri volteggiavano tra i grandi tavoli affollati e le stelle filanti delle sigarette, portando mazzi
di calici e plateau di frutti di mare; la notte brillava di un lucore dorato,
sembrava un film in costume. Ero appagato ma non convinto.
Di mattina eravamo ripartiti. Nella Punto azzurra comprata pochi mesi prima non
avevo voluto l’aria condizionata, mi sembrava un lusso immeritato. Ora tenevamo
i finestrini aperti ma Carlo non poteva appoggiare il gomito fuori, sulla
portiera rovente. Stringeva con due
mani l’atlante stradale e non appena accendeva una sigaretta il vento se lo ripigliava, strappando via le pagine.
Del resto l’atlante non ci serviva. La strada era una sola, una statale larga e
polverosa che sarebbe stata un’autostrada se solo si fosse applicata. Macchine
poche.
o
untuosa: piena di olio
o
sorseggiavamo: bere a piccoli
sorsi, piano piano
o
Rapitalà: famosa e prestigiosa cantina
siciliana
o
coccio grezzo: terracotta non
raffinata
o
consolidata: stabile, durevole, sicura
o
prova d’acquisto: ricevuta, scontrino,
prova di vendita; in questo caso significato figurato
o
triquetra insula: isola triangolare
o
deposti: messi giù, piazzati, posati
o
scrostate: senza l’intonaco, vecchie o rovinate
o
volteggiavano: fare grandi giri
o
stelle filanti: le immagini create
dal fumo delle sigarette
o
appagato: soddisfatto
o
rovente: caldissima
o
ripigliava: riprendeva
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