Immensi
scatoloni galleggianti passano per il Bacino di
San Marco: sono bianchi, li chiamano navi, e in effetti lo
dovrebbero essere, ma delle splendide navi di un tempo –
il Rex, il
Conte di Savoia, l’Andrea Doria, la Cristoforo Colombo – hanno
solo la funzione di portare passeggeri, tanti, il più
possibile.
Queste navi non
hanno né raffinatezza né buon gusto, sono ispirate ai
casinò di Las Vegas, a bordo mantengono quel che
promettono: una vacanza da villaggio turistico, scandita da spettacoli di stampo
nazionalpopolare scimmiottati
dalla tv e dai giochi degli animatori che riempiono le giornate
degli ospiti in sandali e pantaloni corti, olezzanti
di creme solari. Croceristi che sono parte di quei forse 30
e più milioni di visitatori all’anno che soffocano Venezia
trasformandola sempre più velocemente nella cartolina kitch di se
stessa, perché la Stazione Marittima, ormai, è una delle
principali porte d’entrata di quel turismo “mordi
e fuggi” che solo a parole le
autorità dicono di voler contrastare.
La prima ragione
della bruttezza di questi condomini galleggianti è
l’essere fuori scala. Non hanno linea, sono alti oltre 60 m
quando a Venezia l’altezza media delle case non supera i 15,
e ciò altera ogni prospettiva e costituisce una vera forma
di violenza. Turisti in numero infinito e navi smisurate
riducono la città a contenitore buono per tutti gli usi, costi quel
che costi.
I passeggeri,
accalcati sui ponti più elevati per assistere
allo spettacolo del passaggio in Bacino di San Marco, finiscono per
guardare letteralmente dall’alto in basso la città, perdendo
la cognizione che essa sia vera, fragile e bisognosa di rispetto,
esattamente come succede ai visitatori dell’Italia in
miniatura, quel parco tematico che piace così tanto agli
ospiti di Rimini.
Moltissimi
veneziani non le vogliono più e si mobilitano, in Facebook c’è
anche un gruppo Fuori le maxinavi dal Bacino di
San Marco, ma il bando delle grandi navi non può essere
decretato solo perché sono brutte o diseducative. Esse, invece,
sono dannose e pericolose per la città e per gli uomini,
nonostante l’Autorità portuale si affanni a dire il
contrario, forte di studi di parte che solo in pochi casi hanno avuto
il contraddittorio di indagini indipendenti. Eppure,
anche ad accontentarsi degli studi di parte ma a leggerli con
attenzione, si capisce che le cose non sono così piane e
tranquillizzanti come si vorrebbe far credere, e che il senso
comune di quei tanti veneziani che chiedono l’allontanamento
delle maxi navi ha ragioni ben fondate. Limitarsi a
pretendere che le navi da crociera non passino più in Bacino di
San Marco, accontentandosi di mandarle magari a Fusina,
in gronda di Laguna, attraverso la bocca di
porto di Malamocco, è però una proposta miope: equivale a
nascondere la polvere sotto il tappeto, a tenere pulito il
salotto buono lasciando al degrado il resto della casa. La
Laguna non è altra cosa rispetto a Venezia, l’una non può
vivere senza l’altra e viceversa, e tenervi dentro le grandi navi
significa perseverare in un disegno non più sostenibile,
precludendosi per sempre la possibilità di ritornare
indietro.
Chi vuole
mettere mano in Laguna (letteralmente manomettere),
ricorda sempre che essa è artificiale, ed è vero, ma per
mille anni ogni intervento è valso a mantenerne l’equilibrio,
mentre solo da poco meno di duecento anni la si sta
scardinando per permettere al suo interno lo sviluppo di
una “moderna” portualità. Nel 1901 la profondità media delle
bocche di porto era di 7,5 m al Lido, di 9,5 m a
Malamocco, di 4 m a Chioggia, mentre ora per permettere il
passaggio di navi sempre più grandi le profondità hanno raggiunto
i 12 m al Lido, i 17 m a Malamocco, i 9 a Chioggia.
Il mare non è più frenato nell’entrare in Laguna con le maree, ed
anzi è velocemente portato fino al suo cuore dal canale
Malamocco - Marghera (canale dei Petroli), largo più di 200 m,
profondo dai 17 ai 12 m, rettilineo, lungo 14 km, scavato
tra il 1961 e il 1969 a servizio del polo petrolchimico.
Nel contempo, dal 1924 l’invaso della Laguna è stato
ridotto con vastissimi interramenti per creare porto e aree
industriali nella gronda e per costruire nel 1960 l’aeroporto
di Tessera, col risultato che le maggiori quantità d’acqua
che entrano violentemente trovano un bacino più
piccolo di un tempo e tracimano. Provocano e aggravano,
cioè, l’acqua alta.
scatoloni: grandi scatole
scandita: ritmata
nazionalpopolare: fenomeno della cultura che rappresenta la nazione
scimmiottati: imitare in modo goffo, semplice
turismo mordi e fuggi: tipologia che turista che resta in città poche ore
condomini: grandi edifici per abitare
accalcati: affolati
bando: mettere al bando, vietare
studi di parte: ricerche non obbiettive, che portano vantaggio al committente
gronda: area di contatto tra la laguna e la terraferma
bocca di porto: l'ingresso in laguna per chi arriva dal mare
precludendosi: (precludere) impedire, ostacolare
manomettere: guastare
scardinando: qui nel senso di rompere le regole
polo petrolchimico: area industriale sulla gronda dlla agna
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