lunedì 15 novembre 2010

Sebastiano Vassalli, Marco e Mattio



Marco e Mattio (prima parte)
C’era molta gente che aspettava la zattera per Venezia in quel lontano giorno d’aprile del 1784 in cui Mattio e Angelo Lovat s’imbarcarono nel porticciolo di Codissago, e c’era anche molto frastuono: su tutt’e due le rive del fiume, allo strepito abituale delle seghe ad acqua e agli altri rumori si aggiungevano gli urli e i richiami dei menadàs, cioè degli uomini che agganciavano i tronchi portati dalla corrente e li tiravano in secco o li smistavano nei canali delle segherie, a seconda
del marchio che avevano impresso. Nel porto, poi, si preparavano le merci che si sarebbero dovute caricare di lì a poco (...).
Era quello, infatti, il periodo dell’anno più favorevole al trasporto per zattera di ogni genere di merci (...). Mattio e Angelo, naturalmente, stavano aspettando la “rapida”, eccitati e anche intimoriti per la novità e la lunghezza del viaggio, e per ciò che li attendeva quando infine sarebbero arrivati a destinazione: la città di
Venezia! Soprattutto era intimorito il piccolo Angelo, che aveva allora tredici anni e andava a Venezia per restarci a lavorare, grazie ai buoni uffici di fra Giuseppe da Zoldo: sarebbe stato assunto come garzone nella bottega di un orafo e avrebbe dovuto spiare ciò che facevano i lavoranti adulti – così gli aveva detto sua madre, e così gli ripetevano tutti – per “rubargli il mestiere”! Il povero ragazzo si guardava attorno con gli occhi spalancati, perché non era mai uscito
dalla sua valle prima di quel giorno e alternava momenti di entusiasmo e di curiosità, in cui voleva sapere tutto e tempestava il fratello di domande, ad altri d’improvvisa tristezza, in cui gli occhi gli si riempivano di lacrime e la paura dell’ignoto diventava fortissima. Si domandava, in quei momenti: dove vado? Come sarà la mia vita, senza amici, in quella città sconosciuta e lontana? Anche Mattio, che aveva ormai ventitré anni e si metteva in viaggio soltanto per accompagnare il fratello più giovane, era inquieto ed eccitato: finalmente – pensava – avrebbe visto Venezia! Dopo una breve attesa, la zattera arrivò;
anzi, a voler essere precisi, si dovrebbe dire che arrivarono le zattere: perché quelle imbarcazioni che viaggiavano sul Piave da più di  mille anni e che avevano portato in laguna tutti i tronchi con cui s’erano fatte le fondamenta di Venezia, i suoi palazzi, le sue navi, erano dei veri e propri “treni d’acqua” composti ciascuno di cinque vagoni – cinque zattere – tenuti insieme da artifici elastici di legno di nocciolo. La prima e l’ultima zattera d’ogni convoglio erano riservate agli zatterieri: ogni “treno d’acqua”, infatti, doveva avere un suo equipaggio regolamentare di otto uomini vestiti tutti di nero,
col cappello nero a “bombetta”, la camicia e le calze bianche e una fascia di lana rossa stretta attorno alla vita. Sulla seconda e sulla quarta zattera si caricavano le merci; soltanto la zattera centrale era destinata al trasporto delle persone. Tra imprecazioni fiorite e rumori d’ogni genere, frenando col pal de ponta, il convoglio venne a fermarsi di fianco alla banchina: allora i viaggiatori più giovani saltarono giù, e aiutarono le donne e gli uomini anziani a compiere quell’operazione – che per loro era un po’ più difficile – e ad imbarcare i bagagli
(...).
Superate in un turbine le tre rapide dette di Dogna,di Provagna e di Fortogna dai nomi dei villaggi ad esse sovrastanti, la zattera continuò la sua corsa verso Belluno senza più grandi scosse, rallentando progressivamente l’andatura a mano a mano che le montagne s’allontanavano e il fiume s’allargava, si divideva in rami, formava le prime isole. Soltanto una volta la pesante imbarcazione corse davvero il rischio di incagliarsi per una manovra affrettata; i tronchi della
parte di poppa strisciarono contro i sassi del fondo provocando una sorta di terremoto e chi era in piedi al centro della zattera vacillò e cadde, alcuni – e tra essi il piccolo Angelo – gridarono per lo spavento: “Si va a fondo! Aiuto!”. Ma il capo zata ordinò ai suoi uomini di fare forza tutti insieme con i remi e in un batter d’occhi il  convoglio si raddrizzò, si liberò, riprese la sua corsa. Dopo Capo di Ponte il paesaggio si fece più ameno, più variato di campanili e di ville e dl’alberi fioriti; incominciarono a venire incontro ai viaggiatori i mulini e i folòi di cividal, o dei suoi immediati dintorni. Apparve Belluno: in alto, immersa nel verde, si vede la città dei signori con i suoi campanili, le sue torri, i suoi palazzi; e giù, sul fiume, s’avvicinarono le casupole di Borgo a Piave e i magazzini del porto. Con il trambusto che l’operazione richiedeva ogni volta, la zattera attraccò e i viaggiatori si divisero in due gruppi: i benestanti si diressero verso l’Osteria del Borgo, dove avrebbero cenato e pernottato in comode stanze da quattro o cinque letti ciascuna; gli altri, e tra loro i fratelli Lovat, si sedettero su una catasta di assi, tirarono fuori dalle bisacce e dalle sporte la polenta che s’erano portati da casa e cenarono con quella, chiacchierando del più e del meno per passare il tempo, finché il buio fu completo.


zattera: piattaforma galleggiante, di forma quadrata o rettangolare,
costituita da assi e tronchi d’albero
porticciolo: piccolo porto
frastuono: rumore
smistavano: dal verbo smistare, dividere
uffici: in questo caso, raccomandazioni
garzone: ragazzo che lavora in una bottega svolgendo i servizi più
semplici;: sin., apprendista
orafo: colui che lavora l’oro
spalancati: ben aperti
tempestava: dal verbo tempestare, in senso figurato assillare
vagoni: carrozza del treno
convoglio: gruppo di veicoli o imbarcazioni
banchina: argine dove le imbarcazioni possono attraccare
turbine: velocemente
rapide: tratto di fiume dove l’acqua scorre veloce
incagliarsi: dal verbo incagliarsi, incastrarsi tra le rocce
poppa: parte posteriore delle imbarcazioni
batter d’occhi: (modo di dire) subito, in un istante
ameno: piacevole
casupole: piccole case
trambusto: confusione, agitazione di persone
benestanti: ricchi
catasta: ammasso, cumulo
bisaccia: tipo di borsa
sporta: altro tipo di borsa, molto capiente, fatta di vimini, di
paglia, o di pelle

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