giovedì 18 marzo 2010

Tempo d'estate

Nella caduta nel canale Katharine Hepburn contrasse una infezione all'occhio che non guarì mai completamente

mercoledì 3 marzo 2010

Indiana Jones e l'ultima crociata

Le catacombe in cui Indy trova la tomba del secondo cavaliere non esistono; infatti, le isole di Venezia, per reggere il peso dei palazzi, sono totalmente piantate in grossi pali, a mo' di palafitta. La chiesa convertita in biblioteca è in realtà la Chiesa di San Barnaba.

martedì 2 marzo 2010

Tutti dicono I love you di Woody Allen


Tutta la parte ambientata a Venezia fu filmata lì, a eccezione di una piccola scena di conversazione che girammo negli East Nineties, a Manhattan...
Mi dissero che per girare a Venezia avrei impiegato sei volte il tempo previsto perchè bisogna continuare a salire scendere dal motoscafo. Invece, proprio per questo motivo, ci mettemmo sei volte di meno. Non c'era traffico e raggiungevi la location successiva in sessanta secondi, rispetto ai sessanta minuti che impieghi a New York. (Woody Allen)

Tu ti devi laureare in Giornalismo, o in Legge, non nella voga. (Joe alla figlia che vuole sposare un gondoliere)

Morte a Venezia di Luchino Visconti


La morte a Venezia (titolo originale Der Tod in Venedig) è un racconto dello scrittore tedesco Thomas Mann pubblicato nel 1912. Considerata come una delle opere più significative di Mann, è certamente una delle più note al grande pubblico anche grazie all’omonimo film del 1971 per la regia di Luchino Visconti e all’opera Morte a Venezia (1973) del compositore Benjamin Britten.

Lunedì mattina di Otar Iosseliani



In un triste villaggio a sessanta chilometri dalla grande metropoli gli abitanti sono per metà contadini e per metà pendolari. Tra questi c'è Vincent, che come tanti altri fa avanti e indietro ogni giorno per andare a lavorare in una fabbrica dell'orribile periferia. Mentre Vincent è in fabbrica, in paese il tempo passa lentamente. Le donne non lavorano, l'occupazione principale è scoprire e parlare dei fatti degli altri. Vincent è stufo di tutto questo: del paese, della fabbrica, della famiglia. Non ha mai il tempo di dedicarsi alla pittura. Un giorno, arrivato in fabbrica, Vincent non spegne la sigaretta e torna sui suoi passi. Ha deciso di non tornare a casa.

Q di Luther Blissett



Venezia, 29 maggio 1545

Al primo sguardo distante, reso piú incerto dai veli di nebbia che fanno del sole un disco biancastro, non sai se il miraggio sia il mare che stai solcando, e invece è terraferma, o i palazzi e le chiese appoggiati sull'acqua, in realtà scogli di forme architettoniche.
Poi il barcone infila un largo canale. Finestre, balconi e giardini danzano come macchie di colore e si diffondono tra le sponde.
Ai lati si aprono vicoli navigabili da una sola piccola imbarcazione alla volta, talmente stretti alcuni, che i tetti delle case sembrano toccarsi, impedendo ai raggi del sole di filtrare. Perna mi ha parlato di chiese, di palazzi, di piazze e bordelli; ma non mi aspettavo il miracolo delle vie d'acqua, il numero impressionante di barche d'ogni forma e dimensione che sostituiscono le carrozze, le portantine e i cavalli. Questa città sembra non conoscere la ruota, né il passeggio fitto delle strade principali, costruzione assurda che sfida ogni logica d'architetto e sembra quasi galleggiare sul mare, tanto da fare impallidire Amsterdam e le terre d'Olanda, strappate all'oceano dalla tenacia delle genti del Nord.
I gabbiani solcano il cielo pallido e trovano appoggio su pali robusti, fitti, spesso colorati e decorati di stemmi, che spuntano, come tronchi in un bosco, dai bassi fondali e fanno da ormeggio a barche di forme e dimensioni diverse.
L'orizzonte angusto via via si allarga, ad abbracciare ancora un'isola, sulla destra, e un insieme maestoso di costruzioni dalle tinte opache, su cui spicca altissimo un campanile robusto, squadrato, appuntito come una freccia.
Sulla sinistra si apre una nuova via d'acqua, vera strada fluttuante, con i portoni e i gradini dei palazzi tuffati direttamente tra i flutti, come non ho mai visto in alcun paese che abbia un fiume o qualcosa di simile. La città e il mare sembrano cresciuti assieme.
Lo scafo ormeggia quasi sotto il magnifico balcone di un palazzo tutto rivestito di marmo rosato, a fianco di una colonna con la statua del Leone alato e di quello che deve essere il palco per le esecuzioni capitali. Gli strumenti e i simboli del potere della Serenissima sono le prime immagini che lo straniero deve avere sott'occhio.
Appena messo il piede a terra, invece, colpisce la confusione, il viavai di gente, le grida, gli affollamenti, i saluti, le liti; forse l'unico elemento a separare il mare, luogo di rumori attutiti, dal resto della città.
Appena messo il piede a terra, non so in virtú di quali caratteristiche, vengo riconosciuto subito come uno straniero di lingua tedesca e circondato da una ventina di ragazzi che si sforzano di spiegarmi come sia impossibile girare Venezia senza conoscerla a fondo, quanto sia grande il rischio di perdersi, di finire in cattive mani, di rimetterci con il cambio; e mentre elencano cortesemente questi rischi cercano in tutti i modi di infilarmi le mani nella borsa.

- Magnifico signore, di qua, di qua, seguimi grande signore, vuoi un posto dove dormire? Vuoi? Vieni con me, illustrissimo, ti mostro la città piú bella del mondo, dov'è il tuo bagaglio, magnifico? Alla stazione di cambio? Brutto posto, mio signore, non è degno di un grand'uomo.
La voce esce da una bocca completamente sdentata e ricorda decisamente quella di un vecchio, ma il ragazzo che per qualche spicciolo si è offerto di mostrarmi la città, non può avere piú di quindici anni.
- Vieni, vieni, vuoi bere del vino? No? Vuoi una donna? Qui trovi le donne piú belle da Costantinopoli a Lisbona, non care, signore, non care, no, vieni, vuoi una donna? Ti porto io dove ci sono le piú belle, pulitissime, niente malattie, no no, giovanissime. Sei qui per fare affari, nobilissimo? Seta? Spezie? No? Ti porto nel posto giusto, qui vicino, vieni, bellissimo posto, gran signori come te, mercanti, vieni...
Mentre attraversiamo la piazza la sua lingua non si ferma, si rivolge in veneziano a chiunque cerchi di avvicinarsi, tenendolo a debita distanza, portandosi una mano sul petto a indicare che lo straniero è suo, nessuno glielo tocchi.
- Seguimi, signore, in un attimo siamo a Rialto e al Fondaco dei Tedeschi. Là puoi cambiare tutti i soldi, fare i tuoi commerci, sí. Ma se desideri stare contento, ci sono io: ti do cinquanta ducati per trentadue fiorini di peso regolare.
Piazza San Marco non sembra far parte di una città, piuttosto è il salone delle danze di un qualche palazzo, il ponte coperto di un grande vascello, l'albero maestro è quel robusto campanile largo alla base e stretto in cima, e la torre con l'orologio è il cassero di prua, sotto cui passiamo ora, con i due ammiragli in cima pronti a suonare il campanone.
- Quella è la sede dei Procuratori di San Marco, grandi magistrati della Repubblica, Procuratie si chiama. Ora prendiamo per le Mercerie, vuoi comprare stoffe? Spezie? Ti dico dove comprarle e dove venderle a un buon prezzo. Vuoi fare affari a Rialto? Allora stammi vicino, e non farti imbrogliare dai venditori, gran brutta gente, nobilissimo, disonesti.
Non sono sicuro di aver compreso tutto quel che il ragazzo ha detto. Parla guardando avanti, senza voltare troppo il collo, in una lingua che riconosco appena e in mezzo a un pullulare indescrivibile di volti e di voci. Balbetto un incitamento ad andare e in un attimo mi ritrovo cinquanta passi dietro di lui, a naso all'aria, come un sughero nella corrente. Osservo i visi della gente che affolla queste strade strette di botteghe e banchetti; ascolto i dialetti e le cadenze piú strane, una lingua che mi pare slava, un'altra che direi araba.
Questa viuzza selciata mi scaraventa lontano dal mondo che ho conosciuto finora. Altre volte ho annusato l'odore delle spezie, altre ho aspirato il fumo del tabacco, ma mai come ora ho avvertito la sensazione di trovarmi a un crocevia di luoghi possibili.

scogli: roccia che emerge dal mare
bordelli: case dove è possibile incontrare delle prostitute
portantine: sedie, a volte coperte da un baldacchino, che vengono trasportate a braccio da due o più uomini
impallidire: diventare bianco in volto ma, in questo caso, risultare senza importanza rispetto a qualcos’altro
pali: assi di legno piantate nel terreno
ormeggio:luogo dove si può ancorare la barca
angusto: molto stretto
opache: contrario di lucide
tuffati: verbo tuffarsi, buttarsi in acqua
scafo: piccola imbarcazione
esecuzione capitale: uccisione del condannato a morte
viavai: movimento continuo di persone che vanno e vengono
liti: litigi, discussioni animate
attutiti: resi più lievi, attenuati
in virtù d...: in base a...
rimetterci: perderci
sdentata: senza denti
spicciolo: soldo di poco valore
debita: dovuta, giusta
vascello: tipo di imbarcazione
albero maestro: albero centrale dell’imbarcazione, quello più importante, cassero di prua: ponte di prua (estremità anteriore dell’imbarcazione) che fa da copertura; sono parti della nave a cui viene paragonata piazza San Marco
ammiragli: ufficiali della marina, generali
stoffe: tessuti
pullulare: gran numero
balbetto: parlo con difficoltà, sbagliando le parole
sughero: pezzo di albero che galleggia
viuzza: piccola via
scaraventa: spingere con violenza

Il terrorista

Il terrorista è un film del 1963 diretto da Gianfranco De Bosio. Il regista si rifà alla sua esperienza nella Resistenza veneta, nella quale ha partecipato a Padova nella squadra di Otello Pighin, nome di battaglia "Renato", medaglia d'oro al valor militare.

Nel 1943 a Venezia, l'ingegnere Renato Braschi, nome di battaglia "Renato", nel film interpretato da Gian Maria Volonté, costituisce un gruppo di azione; ad aiutarlo c'e' anche un prete. Il Comitato di liberazione nazionale lo invita alla prudenza, ma egli insiste costringendo anche i componenti del CLN a fuggire. La squadra viene disarticolata con l'arresto di uno dei componenti ed il ritiro degli altri.