venerdì 29 gennaio 2010

Anonimo Veneziano



Anonimo veneziano di Enrico Maria Salerno (1970).

Enrico, un suonatore d'oboe alla Fenice che ha sempre sognato, invano, di diventare direttore d'orchestra, scopre di essere malato di cancro e decide di invitare la sua ex moglie,Valeria, a Venezia.
Lei si è rifatta una famiglia in un'altra città e in un primo momento diffida dell'ex marito, perchè pensa a un ricatto o ad una estorsione nei confronti del suo nuovo, ricco compagno.
Infine accetta e, vagabondando con Enrico per una Venezia disfatta, agonizzante, ripercorrendo i luoghi in cui vissero la loro unione, ritrova qualcosa della felicità di un tempo e si accorge d'amarlo ancora.

oboe: strumento musicale a fiato, simile al clarinetto.
diffida: non si fida, dubita di...
estorsione: costringere qualcuno a fare qualcosa con la forza, di solito a cedere denaro.

James Bond a Venezia

Il famoso inseguimento della gondola di James Bond in Moonraker

Casanova di Lasse Halstrom

Il Casanova di Lasse Halstromm


Ennesimo film sulla figura mitica di Casanova, è stato diretto da Lasse Hallström nel 2005 e presentato fuori concorso alla 62ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.
Giacomo Casanova (Heath Ledger) è un celebre seduttore. Esperto nei travestimenti, profondamente intelligente e furbo, ha la fama di non essere mai stato rifiutato da una donna finché un giorno conosce Francesca (Sienna Miller), la prima donna che sembra non corrisponderlo e che gli insegna il senso dell'attesa e la vera passione. Nella sfida più pericolosa della sua "carriera", in cui Casanova mette in gioco la sua reputazione e la sua stessa vita, capirà il vero significato e l'importanza dell'amore.

Nonostante sia stato girato interamente a Venezia, delle scene furono girate a Vicenza, precisamente nel Teatro Olimpico, il teatro del Rinascimento risaputo per la sua forzata prospettiva intricata del disegno scenico. Nella scena selezionata, Casanova sta scappando dall'Inquisizione, dal tetto di un palazzo a San Barnaba salta attraversa il canale e entra in quella che dovrebbe essere una finestra nell'Università di Venezia. L'Università di Venezia all'epoca non esisteva e la costruzione in cui salta è infatti il Teatro Olimpico di Vicenza.


"Durante Casanova abbiamo avuto acque alte storiche. Avevamo 500/600 persone da vestire ogni giorno, cominciavamo a mezzanotte e finivamo alle sei per essere pronti sul set quando arrivava la luce. Eravamo in 35 a lavorare solo per i costumi. La nostra base era alla Giudecca, dove avevamo a disposizione un intero piano di palazzo". C. Buyse, costumista

Italiano per principianti di Lone Scherfig




Italiano per principianti è un film girato nel 2000 dalla regista danese Lone Scherfig. Alcuni personaggi di una piccola comunità della periferia di Copenaghen iniziano a frequentare un corso di italiano per principianti, per i più disparati motivi.
C'è il nuovo pastore, che sostituisce quello precedente, malato e cinico; c'è Jorgen Mortensen, un concierge d'albergo, impotente da anni, innamorato di Giulia, una cameriera italiana emigrata in Danimarca, la quale si iscriverà al corso di italiano, tra lo stupore degli altri, per poter stare vicina al timido Jorgen; una parrucchiera figlia di una madre alcolizzata; una pasticcera figlia di un padre padrone e geloso; un cameriere tifoso della Juventus.
Durante il corso i personaggi interagiscono in modo vivace e toccante, confrontandosi, dando luogo a storie d'amore e d'amicizia.
Infine, tutti partono per un viaggio a Venezia, e le varie storie giungono a maturazione.
Il film è girato con camera a spalla, senza scenografie, senza l'uso di luci non presenti nella scena, con audio in presa diretta. Il film rientra nel manifesto Dogma nonostante il ricorso al montaggio sia meno essenziale rispetto agli altri film del Decalogo, poiché viene rispettato il punto più importante, cioè la centralità degli attori, intorno ai quali è costruito Italiano per principianti.
In Italia, il film è distribuito in lingua originale con i sottotitoli in italiano, per mantenere l'interpretazione degli attori, e il loro italiano.

disparati: diversi
interagiscono: si relazionano

giovedì 28 gennaio 2010

Wu Ming, Altai



Prologo
Costantinopoli, 23 giugno 1569
(8 Muharram 977)

Dalle stanze del palazzo non arrivano rumori. L’alito del Bosforo e il canto del muezzin accompagnano i viventi dentro la sera, verso una parvenza di quiete. Oltre le finestre aperte,
il cielo è un incendio di porpora e oro. Barche di pescatori si staccano dall’Asia e fluttuano sulla corrente di miele. Un pensiero cattura Gracia: i più grandi artisti del mondo – e ne ha conosciuti molti, quand’era in Europa – possono soltanto imitare la bellezza che ci ha dato il Signore; mai
potranno eguagliare tanta meraviglia. Ha alzato la penna dalla carta, ora tiene la mano a mezz’aria. Ha gli occhi chiusi e ascolta il canto. Allo spegnersi dell’ultima nota, sigla e sigilla la lettera, infine si rilascia contro lo schienale.
Dana la guarda, osserva lo scrittoio. Le lettere già sigillate, e quelle che attendono risposta. Sa che la Senyora è spossata. Non potrà passare la serata a scrivere, come fino a poco tempo fa. Le forze la abbandonano, e c’è ancora così tanto da fare. Tutti la interpellano, da una parte all’altra del Mediterraneo e dell’Europa. Esuli in fuga, ebrei perseguitati, mercanti sefarditi, rabbini ashkenazim.
– Aiutami, – dice Gracia. – Voglio alzarmi.
Dana la ammonisce: – Non dovreste stare in piedi, mia Senyora. Non dovreste nemmeno stare allo scrittoio. Dovreste riposare.
Dana lo sa, è la sua parte in commedia e la recita ogni sera. Donna Gracia ripeterà il comando, la cameriera obbedirà, la Senyora le metterà un braccio intorno alle spalle e farà qualche passo nella stanza, accogliendo con serenità lo scricchiolio delle giunture.
Lo specchio alla parete è coperto da un drappo verde. Da tempo Gracia ha abbandonato sfarzo e ostentazioni, ha rinunciato a rimirarsi, ma stasera scosta il drappo e guarda la propria immagine. Negli ultimi anni ha trascurato se stessa. Del suo corpo si prende cura Dana ogni mattina, con la massima attenzione.
Ha cinquantanove anni e sulla lastra vede il viso di una vecchia. Rughe ai lati degli occhi e della bocca, la pelle del collo rilassata e cadente, il naso affilato, i capelli d’argento opaco. Scruta le pieghe del viso, cerca la bambina che una notte ricevette un nome segreto, e il giorno dopo un battesimo cristiano per proteggerla dall’Inquisizione. Beatriz deLuna Miquez.
Nei propri occhi, Gracia cerca le luci e ombre dei vicoli di Lisbona, la casa dell’infanzia e della prima giovinezza, il piccolo Yossef che la chiamava «zia». Ricordi, la voce di sua madre, il racconto di come i Miquez fuggirono dalla Spagna. Sotto gli strati del tempo, nella curva delle sopracciglia,
c’è ancora la fanciulla che andò in sposa a Francisco Mendez, el Gran Judío, e troppo presto dovette seppellirlo, ritrovandosi con una figlia piccola e le immense finanze di famiglia da portare in salvo.
Questo è stata per gran parte della vita: una ricca vedova ebrea, in affari e in lotta con principi, re e imperatori, prima nei Paesi Bassi, poi a Venezia, infine a Costantinopoli. Nel volto della Senyora, Dana contempla quello di un’anziana regina, i cui sudditi devoti sono sparsi nel mondo, da un capo all’altro. Negli ultimi quindici anni si è impegnata a radunarli e farli stillare, una goccia dopo l’altra, entro i confini dell’impero ottomano. Come il pastore strappa dalla bocca del leone due zampe o il lobo d’un orecchio, così scamperanno gli israeliti. È il primo passo del progetto più ambizioso, che tra mille difficoltà prende forma laggiù, a Tiberiade, dove la Senyora vuole andare a morire.
Lo sguardo di Dana si sposta all’esterno, sul braccio di mare di fronte al palazzo. Si chiede se la lettera arriverà. Sa che è rivolta a un uomo lontano, la Senyora accenna a lui di tanto in tanto, con frasi dense di amore e compassione. Frasi da un passato di intimità.
Gracia lascia ricadere il drappo. La stanchezza la chiama, la reclama per trascinarla a sé, più a fondo e più lontano. Dana l’accompagna a letto e l’aiuta a stendersi, le sistema i cuscini dietro la schiena, le slaccia la veste, poi rimangono sedute, a guardare le onde e i vascelli di là dalla finestra.
– È tempo che io vada laggiù, – mormora Gracia con gli occhi socchiusi.
– Portatemi con voi, mia Senyora, – supplica Dana. Lei le accarezza il viso, prende una mano tra le sue.
– No, piccola mia. Tu devi restare accanto a Reyna. Tu devi vivere.
Poi fa un cenno con il mento e indica lo scrittoio.
– Prendi la lettera. Affidala a chi sai.

parvenza: ombra, traccia di qualcosa.
fluttuano: ondeggiano.
sigla: mette la firma.
si rilascia: si appoggia.
scrittoio: tavolo per scrivere.
spossata: molto stanca.
interpellano: interrogano.
esuli: coloro che scappano dal proprio paese, profughi.
ammonisce: rimprovera.
scricchiolio: rumore provocato da qualcosa che si sta rompendo.
drappo: tessuto.
sfarzo: ostentazione di lusso, di eleganza.
stillare: fare uscire un liquido goccia a goccia.
sepperllirlo: metterlo nella tomba, sotto terra.
finanze: risorse economiche.
vedova: donna che rimane senza marito.
slaccia: scioglie i lacci.
vascelli: grandi navi a vela.
cenno: piccolo gesto.
affidala: lasciala con fiducia a qualcuno che se ne prenda cura.

martedì 26 gennaio 2010

Stabat Mater di Tiziano Scarpa, Vincitore del Premio Strega 2009


Cecilia, una ragazzina di sedici anni, vive con altre ragazze orfane come lei all'Ospedale della Pietà a Venezia. Di giorno suona il violino mentre di notte scrive lettere alla madre mai conosciuta.
Ma un giorno le cose iniziano a cambiare; arriva infatti all'orfanotrofio un nuovo maestro di violino e compositore, Antonio Vivaldi.

Un giorno, anni fa, stavamo giocando in cortile, quando la porta a vetri si è aperta ed è comparsa una signora. Era in compagnia di suor Amelia, una monaca giovane che era arrivata da poco all'Ospitale. La nostra compagna si chiamava Anastasia, me lo ricordo, non posso dimenticarlo, non me lo dimenticherò mai.
Suor Amelia aveva in mano una collanina, da cui pendeva una moneta tagliata a metà.
- Vieni qui, tesoro, - ha detto la signora sconosciuta alla nostra compagna.
Noi tutte abbiamo seguito Anastasia, eravamo cinque o sei bambine.
La signora ha tirato fuori da una manica un bracciale, da cui pendeva una mezza moneta simile a quella che teneva in mano suor Amelia.
Abbiamo visto da vicino le due metà che combaciavano perfettamente, la testa in rilievo sulla moneta che si ricomponeva, e i due monconi della scrittura che la contornavano, ANAS e TASIA, ritornavano uniti, quel nome tornava a brillare tutto intero come un'aureola intorno alla testa incisa in quella medaglia.
- Mamma! - ha detto la nostra compagna, saltando al collo della signora.

Non abbiamo mai più rivisto Anastasia né la signora, e nemmeno suor Amelia che, ho saputo poi, è stata rimproverata duramente per avere permesso che un ricongiungimento avvenisse davanti agli occhi di alcune bambine residenti nell'Ospitale. Per avere permesso che un ricongiungimento avvenisse anche davanti ai miei occhi.

Dopo quella volta ho capito come mai alcune bambine sparivano e non si rivedevano più all'Ospitale, pur non avendo malattie. C'erano anche quelle che venivano portate via quando si ammalavano, spesso non tornavano più, le seppellivano lontano dai nostri occhi. Ma certe altre uscivano dall'Ospitale perchè era venuta a prenderle la loro mamma, la loro salute.

comparsa: arrivata all'improvviso.
manica: parte della maglia o della giacca che copre le braccia.
combaciavano: aderivano perfettamente, coincidevano.
monconi: parti incomplete.
aureola: cerchio splendente posto attorno alla testa dei santi.
ricongiungimento: atto del ricongiungersi, ritornare assieme a una persona dopo tanto tempo.

giovedì 14 gennaio 2010

Gianni Celati


Gianni Celati, Idee d’un narratore sul lieto fine


Il figlio d’un farmacista studiava all’estero. Alla morte del padre è tornato a casa per occuparsi della farmacia, diventando farmacista in un piccolo paese nei dintorni di Viadana, provincia di Mantova.
La fama della sua sapienza s’era diffusa nelle campagne, attraverso voci che parlavano della sua immensa biblioteca, d’una sua prodigiosa cura contro il mal d’orecchi, d’un metodo nuovissimo per irrigare i campi, e delle dodici lingue parlate dal farmacista, il quale, tra l’altro, secondo le voci stava traducendo in tedesco la Divina Commedia. Il proprietario d’un caseificio nei paraggi ha deciso di stipendiare l’ormai maturo studioso perché si occupasse dell’educazione liceale di sua figlia; quest’ultima infatti, essendo un’ardente sportiva, andava male a scuola e inoltre detestava i libri, il latino e la buona prosa in lingua italiana. Più che altro per passione allo studio e non per necessità di denaro, il farmacista accettava, e per un’intera estate si recava ogni giorno a far lezione alla giovane atleta. E un giorno è accaduto che la giovane atleta s’è innamo­rata di lui, al punto da abbandonare ogni attività sportiva e mettersi a scrivere poesie, versi in latino e naturalmente lunghe lettere. Qualcuno parla ancora d’una macchina acquistata dal farmacista per l’occasione, di lunghe scorribande dei due per le campagne, e addirittura di convegni notturni in una stalla. Ad ogni modo, la prova dei rapporti amorosi tra i due, nell’ultimo scorcio dell’estate, veniva alla luce solo nell’inverno successivo, quando un pacco di lettere era requisito alla ragazza dalle suore del suo collegio, e debitamente trasmesso ai genitori. Il contenuto di quelle lettere appariva tanto rivoltante agli occhi del proprietario del caseificio, che costui decideva di rovinare il farmacista e di cacciarlo per sempre dal paese. I fratelli della ragazza, allora appartenenti alle squadre fasciste, devastavano più volte la farmacia sulla piazza del paese, e una volta bastonavano duramente il suo proprietario. Tuttavia questi fatti non sembra abbiano preoccupato molto il farmacista. Per un certo periodo egli continuava a ricevere i clienti nella farmacia devastata, tra vetri rotti, scaffali demoliti, vasi fracassati; poi un bel giorno ha chiuso bottega e s’è ritirato tra i suoi libri, senza più uscire di casa se non occasionalmente. Tutto il paese lo sapeva immerso nei suoi studi, e lo vedeva di tanto in tanto passare sulla piazza sorridente, diretto all’ufficio postale per ritirare nuovi libri che gli erano arrivati. In seguito è stato ricoverato all’ospedale e di qui trasferi­to in un sanatorio. Restava per lunghi anni nel sanatorio e nessuno sapeva più niente di lui. Al ritorno dal sanatorio il vecchio studioso era magrissi­mo. Un’anziana donna di servizio che era tornata a prendersi cura di lui, si lamentava con tutti perché lui non voleva mai mangiare: diceva che mangiare non gli piaceva e restava tutto il giorno tra i suoi libri. Sempre più magro l’uomo usciva di casa molto raramen­te e mostrava di non riconoscere più nessuno in paese, nemmeno la figlia del defunto proprietario del caseificio, incontrata qualche volta sulla piazza. Però sorrideva a tutti, e si dice che salutasse i cani che vedeva levandosi il cap­pello. Avendo evidentemente smesso del tutto di nutrirsi dopo la morte dell’anziana donna di servizio, e prolungato il digiuno per settimane, quando veniva ritrovato morto nella sua biblioteca (da un idraulico) era già identico a uno scheletro: di lui restava solo pelle incartapecorita attaccata alle ossa. Era chino sull’ultima pagina d’un libro, dove stava appli­cando una striscia di carta. Anni dopo la sua grande biblioteca veniva assegnata in eredità a una nipote, e questa frugando tra i libri ha creduto di capire come il vecchio studioso avesse trascorso l’ultima parte della sua vita. Per quest’uomo tutti i racconti, i romanzi, i poemi epici dovevano andare a finir bene. Evidentemente non tollerava le conclusioni tragiche, le conclusioni melanconiche o deprimenti d’una storia. Perciò nel corso degli anni s’era dedicato a riscrivere il finale d’un centinaio di libri in tutte le lingue; inserendo nei punti riscritti dei foglietti o strisce di carta, ne trasformava le conclusioni, portandole sempre ad un lieto fine. Molti dei suoi ultimi giorni di vita devono essere stati consacrati alla riscrittura dell’ottavo capitolo della terza parte di Madame Bovary, quello in cui Emma muore. Nella nuova versione Emma guarisce e si riconcilia col marito. L’ultimissimo suo lavoro è però quella striscia di carta che aveva tra le dita e che, già ormai morto di fame, stava applicando sull’ultima riga d’un romanzo russo in traduzione francese. Questo è forse anche il suo lavoro più perfetto; qui, cambiando solo tre parole, ha trasformato una tragedia in una buona soluzione di vita.

irrigare: bagnare la tera
caseificio: luogo di produzione del formaggio
stalla: ricovero per animali
debitamente: appositamente
rivoltante: disgustoso
fracassati: rotti
sanatorio: luogo di cura
incartapecorita: secca, raggrinzita

Gianni Celati


Gianni Celati, Narratori delle pianure, Feltrinelli, Milano,

Come fa il mondo ad andare avanti

In un piccolo paese in provincia di Parma, non lontano dal Po, mi è stata raccontata la storia di un vecchio tipografo che s'era ritirato dal lavoro perché voleva finalmente scrivere un memoriale a cui pensava da tanto tempo.
Il suo libro avrebbe dovuto trattare questo argomento: come fa il mondo ad andare avanti. Essendo in pensione, il vecchio tipografo andava in giro tutto il giorno sul motorino, e andando in giro leggeva tutte le scritte che vedeva. Infatti gli era sempre piaciuto molto leggere e aveva sempre pensato che, per capire come fa il mondo ad andare avanti, bisogna leggere molto. Con il tempo però s'è accorto di non poter piu mettere gli occhi quasi da nessuna parte senza trovare delle parole stampate da leggere. Pubblicità, insegne, scritte nelle vetrine, muri tappezzati di manifesti facevano che lui, dopo una mezza giornata fuori casa, avesse già letto migliaia e migliaia di parole stampate. Così tornando a casa non aveva piu voglia né di leggere libri, né di scrivere; aveva solo voglia di guardare delle partite di calcio alla televisione. Ha cominciato a pensare che non sarebbe mai riuscito a scrivere il suo memoriale, perché c'era troppo da leggere. Ma siccome, andando in giro sul motorino vedeva sempre più parole stampate, sempre più manifesti e scritte pubblicitarie dappertutto, un giorno gli è sorto il desiderio di sapere almeno cosa fosse successo: perché le parole da leggere in giro aumentavano sempre? Doveva essere successo qualcosa. E andato a parlarne con un grande mercante che importava carne dalla Russia e che, andando spesso in quel paese, forse poteva sapere cos'era successo. Il commerciante gli ha detto soltanto che la gente crede di stare meglio mangiando sempre più carne, così lui doveva trovare tutta la carne che gli chiedevano e per quello doveva andare in Russia, dove però, che lui sapesse, non era successo niente. Il tipografo è andato allora all'università di Parma. Qui trovava solo studenti che non ne sapevano niente, e professori che passavano la vita a parlare, e a forza di parlare secondo lui erano diventati tutti pazzi. Ha capito che neanche là non potevano aiutarlo. Al pomeriggio spesso portava in giro la sua nipotina sul portapacchi del motorino, ed esponeva a lei il suo problema. La nipotina l'ha consigliato di andare a parlare con il suo professore di scienze che abitava fuori dal paese ed era anche un giovane inventore. Il giovane inventore era uno con dei capelli lunghi fino alla schiena, che portava sempre un grembiule da meccanico. Ha detto al tipografo che non aveva mai riflettuto prima a quel problema e così hanno cominciato a pensarci. Poiché secondo il tipografo bisognava sempre ripartire dal problema di come fa il mondo ad andare avanti, i tre sono ripartiti da quel punto. Ci pensano e discutono, giungendo a questa prima conclusione: che il mondo va avanti perché la gente ci pensa, cioè ci pensa a mandarlo avanti. Però, come fa la gente a pensarci? Cos'è pensare? Allora i tre (in particolare la bambina che aveva una gran passione per gli studi scientifici) si comprano delle dispense scientifiche nelle edicole; una enciclopedia, dei libri, e cominciano a studiare. Imparano che gli impulsi esterni e interni sono una corrente elettrica che viaggia lungo i nervi passando per punti in cui debbono fare un piccolo salto, che sarebbe poi una depolarizzazione come nelle batterie delle macchine, e così nel cervello non c'è altro che degli schemi elettrici sempre variabili. Non so molto di questi loro studi, tranne le conclusioni fallimentari a cui sono arrivati, enunciate un giorno in un bar dal tipografo. Ha spiegato che nessuno può dire, e non c'è libro o enciclopedia che lo spieghi, in che modo uno riesce a ricordarsi di un piatto di minestra che ha mangiato il mese prima, dato che non c'è piu traccia elettrica di quella minestra nel suo cervello. I tre si dedicano allora ad esperimenti pratici con un encefalografo comprato dall'inventore in un'asta. Studiano i diversi tipi di onde cerebrali, secondo se uno dorme, se è sveglio, se ha sonno o è arrabbiato. Poi passano a far esperimenti con una pianta in un vaso. Attaccano alle foglie della pianta due elettrodi collegati con l'encefalografo, e vedono che la pianta reagisce in modi diversi quando qualcuno passa davanti. Le onde che si possono leggere sullo schermo dell'encefalografo, cambiano il loro tracciato secondo quello che fa o pensa la persona che sta davanti alla pianta. Un giorno, ad esempio, il giovane inventore ha dato uno schiaffo alla bambina, e il tracciato delle onde sullo schermo è diventato tutto a punti, come se la pianta si offendesse. Un'altra volta ha detto molte parole dolci nell'orecchio del portinaio della sua scuola, e sullo schermo sono apparse delle onde distese, come le onde del cervello d'uno che dorme. Questi risultati spingono i tre a cercar di capire cosa pensa la gente, per mezzo d'una pianta e dell'encefalografo. Cominciano con il chiedersi: a cosa pensano ad esempio i ricchi ? Si fanno prestare un furgoncino e di notte vanno ad appostarsi davanti alle ville dei ricchi nei dintorni del paese. Mentre la bambina e il tipografo sorvegliano la strada, il giovane inventore scavalca il muro e va a piazzare gli elettrodi sui rami d'un albero particolarmente vicino a una finestra della villa. In quelle villette ci sono sempre alberi con rami che arrivano vicino a una finestra. Piazzando gli elettrodi su un ramo, i tre sperano di capire, attraverso le reazioni dell'albero, cos'ha in testa la gente sempre chiusa nelle villette a guardare la televisione. E ancora viva, già morta, o solo addormentata? Pensa, non ci pensa, o solo sogna che qualcosa succede? Continuano a fare queste spedizioni per gran parte di un'estate, accumulando moltissimi diagrammi. Li confrontano tra di loro, li confrontano con altri diagrammi riportati sui libri, e alla fine capiscono di non capir niente di quello che succede. Allora hanno l'idea di scrivere una lettera al sindaco, per illustrare tutti i loro fallimenti. Il sindaco passa la lettera all'assessore alla cultura, il quale organizza una conferenza pubblica sull'argomento che appassiona i tre: come fa il mondo ad andare avanti? Viene chiamato a parlare un conferenziere che va in giro a far conferenze su tutto, sempre facendo riferimento alla sua infanzia e ai suoi ricordi. Quello in meno di un'ora risolve il problema, risponde alle obiezioni del tipografo, della bambina e dell'inventore, e conclude la conferenza. Il pubblico applaude contentissimo di sentire che là fuori c'è un mondo così facile da spiegare che uno se la può cavare in mezz'ora. Poi tutti, appena escono dalla sala e si ritrovano in strada, dimenticano immediatamente quello che hanno sentito, il conferenziere dimentica quello che ha detto, e l'indomani nessuno ricorda neanche più il titolo della conferenza. Nel piccolo paese tutto continua ad andare avanti come prima, a parte il fatto che ci sono sempre più parole sui muri, sempre più insegne, sempre più scritte pubblicitarie dovunque il tipografo giri gli occhi. memoriale: libro di ricordi trattare: parlare di gli è sorto il desiderio: gli è venuta voglia depolarizzazione : fenomeno fisico che produce la separazione delle cariche elettriche. encefalografo: strumento che registra le onde elettriche del cervello. elettrodi: conduttori attraverso i quali una corrente elettrica penetra in un corpo e ne esce.

memoriale: libro di ricordi
trattare: parlare di
gli è sorto il desiderio: gli è venuta voglia
depolarizzazione : fenomeno fisico che produce la separazione delle cariche elettriche.
encefalografo: strumento che registra le onde elettriche del cervello.
elettrodi: conduttori attraverso i quali una corrente elettrica penetra in un corpo e ne esce.