venerdì 11 dicembre 2009

Sebastiano Vassalli, L'oro del mondo

Il telegramma da Milano diceva: «Comunicasi at familiari avvenuto decesso Alvaro S. Sentite condoglianze», eccetera. Ci sono andato col treno e c’era lo sciopero dei mezzi pubblici: tram, metropolitana, tassì. Una baraonda, un caos. Strade rigurgitanti di automobili intrappolate nel traffico, che strombettavano, di motorini come sopra, che scoppiettavano, di automobilisti appiedati che anche così sgomi¬tavano per sorpassarsi, di vigili congestionati che cercavano di mettere un po’ d’ordine e di sbrogliare l’orribile matassa. Invano. Sui muri, manifesti affissi a spese del Comune re¬clamizzavano i «poeti organizzati». Filastrocche dicevano : dove vai, il mondo è vuoto ed altre amenità. Quando poi sono arrivato all’Ospedale dove zio Alvaro era morto non si trovava il cadavere, chi diceva di averlo messo da una parte e chi dall’altra; un dottore, incazzatissimo, accusava un altro dottore, gridava che gli rubavano i morti per portarli in non so che reparto e avere non so che sovvenzioni, della Re¬gione e dello Stato. «È un’indecenza!», sbraitava. Alla fine, però, il cadavere è stato ritrovato. Era rimasto in barella su un ascensore fermo tra due piani e questa mi ha detto un infermiere - è una situazione normalissima, qui da noi : la gente in ascensore butta di tutto, pacchetti vuoti di sigaret¬te, assorbenti igienici, scatole di biscotti, ciabatte e tutta quella roba poi va a infilarsi dove non dovrebbe, bloccando la cabina. « Abbiamo messo cartelli su cartelli, ma non servono a niente ». Sono arrivati i tecnici, hanno cominciato a andare su e giù per le scale tra le urla delle partorienti al primo piano e i rantoli degli agonizzanti del terzo. L’ascensore è ripartito di schianto verso l’alto, è ripiombato, si è aperto. La barella è schizzata fuori. L’infermiere ha alzato un lembo del lenzuolo e lo zio Alvaro era lì, con un occhio chiuso e l’altro semichiuso che mi guardava; ammiccava. Sembrava proprio che mi facesse l’occhietto. Pensai che quella era la seconda volta che moriva essendo stato fucilato dai tedeschi il 22 settembre del 1943 e abbandonato per morto sul terreno, semisepolto dai cadaveri dei suoi compagni. Lui ci scherzava, ogni tanto. Diceva: «Sono già morto una volta, posso anche morire un’altra volta». Ora era morto. Ammiccava: «Non muoio più, Sebastiano!»
Due giorni dopo l’abbiamo seppellito nel piccolo cimitero di B., all’ombra del campanile della chiesetta romanica, in fondo al viale dei platani. La «Mercedes» delle pompe funebri veniva avanti piano piano nel sole tiepido d’autunno e dietro eravamo in cinque: il prete, due chierichetti che si tiravano calci negli stinchi perché tanto il prete non poteva vederli, la signora Roberta ed io. La signora Roberta era la donna di zio Alvaro: era la fidanzata diciottenne che lui aveva lasciato al paese quando era partito per la guerra e che poi, quand’era ritornato aveva ritrovato già sposata con un uomo più anziano quasi vecchio; era la vedova quarantenne che lo zio Alvaro ancora avrebbe voluto sposare se i parenti e i figli di lei non si fossero opposti in ogni modo («Quello è un fallito, Roberta!» «Cerca soltanto i nostri soldi», eccetera). Era l’anziana Signora che lo andava a trovare in ospedale, con la veletta sul viso per non farsi riconoscere. (da chi?) Io la vedevo per la prima volta: una donnina minuta, apparentemente fragile agli occhi tristi. Pensavo che era stata coraggiosa a sfidare i pregiudizi d’un intero paese, tornando a B. per il funerale di zio Alvaro; ed ero anche imbarazzato perché non sapevo come comportarmi: dovevo salutarla, andare a stringerle la mano? Invece poi è stata lei che mi si è avvicinata al termine della sepoltura, mi ha preso una mano tra le sue, ha detto: «Così, tu sei Sebastiano!»
«Sì, - le ho risposto. - Sono Sebastiano».

Sebastiano VASSALLI, L'oro del mondo, Einaudi, Torino, 1987, pp. 3-4.


baraonda grande confusione
invano senza successo
decesso morte
incazzatissimo (volgare ma molto usato) molto arrabbiato
sovvenzioni aiuti economici
barella lettino per trasportare ammalati
ciabatte scarpe che si usano a casa
partorienti donne che stanno per avere un bambino verbo: partorire sostantivo m. :il parto
agonizzanti chi sta per morire verbo: agonizzare sostantivo f.: l’agonia
ammiccava faceva cenni di intesa, faceva l’occhiolino /l’occhietto
pompe funebri impresa che si occupa dei funerali
chierichetti ragazzini che aiutano il prete a celebrare le funzioni religiose
fallito uno che non ha fatto niente di buono nella vita
pregiudizi idee preconcette, di solito negative

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