venerdì 11 dicembre 2009

Luigi Meneghello, I piccoli maestri

Io entrai nella malga e la Simonetta mi venne dietro; dava sempre l'impressione di venir dietro, come una cucciola. Aveva i capelli un po' arruffati, era senza rossetto, ma bella e fresca. La guerra era finita da qualche settimana. Il malgaro ci diede latte nella ciotola di legno, e lo bevemmo a turno. Poi lui disse:
"Ho sentito sparare."
"Sono venuto a ripigliarmi questo qui," dissi. Portavo il parabello in spalla, e l'avevo provato nel bosco. Funzionava perfettamente.
"Siamo sotto il Colombara con la tenda," dissi. "Sono tre giorni che siamo qui."
Lui domandò se eravamo fratelli e la Simonetta disse di no. Quando andammo fuori lui mi chiamò da parte e mi disse a mezza voce: "Tu hai un fiore". Aveva l'aria di dire che avrebbe preferito averlo lui, ma che almeno cercassi di essserne degno.
Eravamo in una tendina celeste. La notte venivano regolarmente i temporali, e la tenda a ogni lampo s'illuminava di una luce fluorescente. Lasciava filtrare la luce come un velo, e altrettanto l'acqua; il resto dell'acqua arrivava per di sotto. Passavamo le notti seduti sui sacchi fianco a fianco, con le ginocchia rialzate e le braccia attorno alle gambe; ciascuno le sue, s'intende, io le mie e la Simonetta le sue.
Ho sempre odiato i fossetti che bisognerebbe fare attorno alle tende; e poi sulle lastre di roccia sotto il Colombara come si fa? ci vorrebbero gli scalpelli, i punteruoli. Però è calcare, mi ero detto, non occorrono i fossetti, beve l'acqua. Invece risultò che non beveva.
Pioveva forte, a sventagliate, e il tessuto della tenda rimandava all'interno un controspruzzo vaporizzato: anziché parare la pioggia, questa tendina celeste serviva a captarla e a iniettarcela addosso. La Simonetta aveva un gran sonno: ai lampi la vedevo al mio fianco con gli occhi chiusi e le labbra imbronciate, bagnata come un sorcio, e spiritualmente assente.
Eccomi qua con questo fiore, pensavo, in questa sede irrigua. Stranamente non ero arrabbiato: la notte e la pioggia non erano ostili; c'era un groppo che si scioglieva. Sì, pensavo, la Simonetta è un po' insonnolita, il posto è umido, il pan-biscotto (che masticavo di furia) frollo e fangoso: non importa. Si potrebbe vivere anche così, postulata una grotta piena di pan-biscotto. Siamo vivi. Mi sentivo sulla soglia di un mondo chiuso, sul punto di sbucar fuori; uno di quei momenti che vengono ogni tanto, quando finisce una guerra o si baruffa con la famiglia o sono terminati gli esami, e si ha la sensazione che la cosa si gira, la si sente girare.
Mi venne un soprassalto di quella forma di energia che chiamiamo gioia; misi giù i piedi nell'acqua corrente, puntellai la Simonetta col mio sacco e uscii diguazzando, col parabello in mano. Fuori c'erano i cespugli dei mughi, groppi di roccia, alberature di pini. Si udivano sparare i tuoni, con scrosci magnifici; i lampi erano continui. Mi misi a sparare anch'io, e a gridare, ma non si sentiva niente in quel fracasso. Spargevo raffiche in aria: facevo piccoli lampi blu di forma allungata, giallastri agli orli; stentavo a riconoscere gli scoppi, e invece mi pareva di distinguere lo scricchiolio dei rami di pino sventagliati, un rumorino minuto isolato dal resto.

malga: pascolo alpino
cucciola: piccolo
arruffati: disordinato, spettinato
malgaro: persona che lavora nella malga
parabello: un tipo di fucile
Colombara: nome di una montagna veneta
degno: dignitoso, meritevole
fossetti: canalini
scalpelli: coltelli
punteruoli: attrezzi a punti
sventagliate: raffiche
controspruzzo: spruzzata d'acqua
imbronciate: corrucciate
insonnolito: assonnato
frollo: ammorbito
pan biscotto: pane secco
diguazzando: nuotare
scrosci: pioggia forte

Nessun commento:

Posta un commento