venerdì 11 dicembre 2009

Goffredo Parise, Altri (gli)

Altri (gli)

(da Sillabari, di Goffredo Parise, Torino, Einaudi, 1972, pp. 20-24)

II giorno di ferragosto dell'anno 1938 un bambino di otto anni, di «ottima famiglia», con la testa molto rotonda ma fragile si aggirava nei pressi della capanna sulla spiaggia del Grand Hôtel Des Bains al Lido di Venezia verso le due del pomeriggio. Era solo perché la sua abituale compagna di giochi dormiva insieme alla bambinaia nella stanza candida dell'albergo. I bambini tedeschi che aveva conosciuto pochi giorni prima, di qualche anno più vecchi di lui e già nuotatori esperti (lui non imparava mai) non avevano il permesso di rimanere sulla spiaggia a quell'ora e giocavano a cricket nel prato in mezzo al parco tra gli spruzzi degli annaffiatoi.La madre del bambino, che amava molto il sole, stava distesa metà in ombra e metà alla luce su un lettino coperto da un asciugamano bianco di spugna di lino con grandi cifre bianche simili al disegno di una torre: bronzea e lucente di Ambra Solare, i lunghissimi capelli neri, sciolti e rovesciati dalla nuca in su oltre il bordo del lettino, lambivano la sabbia: di tanto in tanto, forse nel sonno, aveva movimenti lentissimi e regali di atleta o di serpente boa che ai raggi potenti del sole abbagliavano. La «signorina», fräulein Etta, dormiva (ma non si poteva mai esserne certi) su una sdraio nel terrazzino della capanna, completamente vestita, la pelle delle guance, delle braccia e delle gambe uniformemente rosa e di un odore uniforme (sapone di Marsiglia). Il suo volto era come tappato, ai lati, da due chignons di capelli misti, biondi e bianchi, fatti di trecce sottili e indissolubili. Il caldo era molto forte, l'acqua immobile e la spiaggia quasi deserta. Eppure di là dei cespugli e della rete metallica dietro le capanne il bambino vedeva muoversi e occhieggiare una folla di gitanti con cartoni e sporte, alcuni dei quali allungavano il collo oltre la siepe per guardare la sabbia rastrellata a disegni ondulati e, oltre la sabbia, il mare. Il bambino stava nell'ombra a forma di casetta allungata dietro la capanna, fermo, molto distratto non si sa da che cosa, il secchiello in una mano e la paletta nell’altra, si sarebbe detto nell’atto di sostenere la sua testa rotonda e molto ingenua. A un tratto vide un uomo scavalcare la siepe: nel farlo scivolò due volte, si impigliò nei reticolati che strapparono l'abito blu ma pareva avere molta fretta e finalmente cadde, con movimenti incrociati degli arti troppo lunghi, di qua del recinto. Stette un po' cosí ammucchiato tra la sabbia polverosa, guardando a destra e a sinistra, vide il bambino che lo guardava e dopo essersi assicurato che non c'era nessun altro che lui, lo chiamò con un cenno della mano. Pieno di terrore, ma al tempo stesso attratto, il bambino si avvicinò con una piccola corsa bilanciata dal secchiello e dalla paletta.
L'uomo si era alzato, aveva raggiunto lo stretto spazio tra due capanne vuote dell'ultima fila e lo aspettava lí. Era un uomo molto alto e magrissimo, con la pelle bianca, un volto a punta e due grossissime lenti insieme opache e scintillanti attraverso cui non era possibile vedere gli occhi. Il bambino notò che una delle stanghette di metallo era rotta e aggiustata con filo nero da cucire, anche le scarpe erano rotte e i calzini arrotolati sulla caviglia fin quasi alla scarpa. L'uomo cominciò a spogliarsi, in modo cosi rapido e magico, data la sua altezza, che in un attimo fu in mutande, con grande vergogna e imbarazzo del bambino: un paio di mutande larghe di tela nera con uno strappo a forma di sette sul dietro. L'uomo arrotolò scarpe e abiti e porgendo al bambino l'enorme fagotto disse: - Mi fai un piacere? - e tentò di carezzarlo con la fredda estremità di un lunghissimo arto (non sembrava una vera e propria mano). Il bambino paralizzato dal terrore si ritrasse, non rispose e l'uomo ripeté la domanda, poi gli chiese di custodire i suoi vestiti per pochissimo tempo: voleva «lavarsi i piedi» e vedere il mare che non aveva mai visto. Dopo gli avrebbe dato «la mancia». Queste spiegazioni e i grossi occhiali rotti attenuarono il terrore nel bambino ed egli, suo malgrado, fu spinto, fisicamente spinto verso l'uomo da una grandissima pietà. Allungò le braccia, l'uomo nel posare il fagotto si avvicinò guardandolo da vicino come fanno i miopi e vide le lacrime che sgorgavano sulle sue guance. Sorrise con la bocca bagnata e informe che sapeva di vino e tabacco e disse: - Ti hanno messo in castigo? - e scomparve.
Il bambino vide due sottili e chilometriche gambe di legno, la bandiera nera delle mutande strappate in uno sventolio generale, laggiù, in fondo alla spiaggia; e subito fu terrorizzato dalla responsabilità e dal peso degli abiti che non riusciva a reggere tra le braccia e gli caddero nella sabbia: pensò all'uomo e lo odiò, dimenticando totalmente il sentimento di poco prima. Con sforzi enormi riuscí a trascinare il fagotto puzzolente vicino alla capanna. Spiò la madre e fräulein Etta: dormivano entrambe. Con un ultimo sforzo portò il cumulo degli abiti in un cantuccio della capanna, lo ammucchiò nel fondo, ma proprio in quel momento sentí dietro di sé l'ombra e la voce strillante dell'istitutrice: - Was ist denn das? - II bambino farfugliò in italiano, non trovò le parole in tedesco, posò le due mani sulla testa rotonda come per sostenerla e con l'intenzione (non sapeva né riusciva a sapere bene quale) di raccontare tutto in fretta o di chiedere perdono.
Le voci risvegliarono la madre che sollevò con una mano i capelli e chiese cos'era successo. Fräulein Etta spiegò ciò che non poteva spiegare perché non gli era stato spiegato e non seppe andare oltre una serie di sospiri agitati che cominciavano e finivano con «Ein mann... ein mann...» Fu chiamato il fedele e vecchio bagnino che esaminò il fagotto (allontanato dall'interno dalla cabina con brevi tocchi della punta delle scarpe da fräulein Etta) e corse sulla spiaggia con i pugni chiusi a cercare l'uomo. Fu individuato subito, preso per un braccio e portato a loro tra bestemmie, spinte e contorcimenti dei lunghi arti. Parve al piccolo che l'uomo avesse fatto il gesto di sputare contro il bagnino che lo trascinava. La madre disse: - Lo lasci andare, Giovanni.
L'uomo liberato dal bagnino si avvicinò al gruppetto familiare e disse alla madre che aveva intenzione di pagare, che lui non era un ladro e non aveva mai rubato in vita sua. Cavò dal fagotto una specie di portafogli di stoffa nera e avvicinandolo agli occhiali stava per estrarre del denaro, ma la madre lo fermò con un gesto della mano e disse: - No, no -. Poi l'uomo guardò il bambino e con un sorriso che questi intuí debole e falso, voleva carezzarlo ma la fräulein scostò il bambino. Allora l'uomo se ne andò col fagotto e nelle mutandone a passi lunghi e lenti e per simulare una dignità che aveva perduta fin dalla nascita si ravviava i sottili capelli a testa alta.
La madre ordinò al bagnino di curvare l'ombrellone, si girò lentamente ed espose tutto il lungo corpo nel costume nero, al sole. Fräulein Etta cominciò a fare al bambino una paternale a raffiche sugli unbekannten (sconosciuti), a pause sempre più lunghe, fin quasi al tramonto. Poi calò il sole e la famiglia si ritirò nell'appartamento dell'albergo come in una clinica.
Durante la notte il bambino pensò all'uomo ascoltando la pigra acqua della laguna appoggiarsi sulla spiaggia insieme ai raggi lunari. Si domandò molte cose di lui cercando di arguirle dagli occhiali, dalla pelle bianca, dalle scarpe di gigante e dal fagotto. Fu preso ancora da grandissima commozione e due o tre volte pianse. Chi era? Un ladro, un ex carcerato, un povero, un ricco diventato povero (avrebbe potuto accadere anche a lui, da grande, una cosa simile?), un ammalato, e com'era possibile che non avesse mai visto il mare? Aveva o non aveva famiglia? E lui perché aveva pianto? Tutte queste domande rimasero senza risposta nel bambino e più tardi anche nell’uomo adulto, ma fu da quel giorno che egli seppe, proprio perché nessuna risposta ebbero mai le sue demande, dell'esistenza degli «altri».


giorno di ferragosto : il 15 agosto
si aggirava : passeggiava
bambinaia : baby sitter
spruzzi : gocce d’acqua
annaffiatoi : strumenti che servono solitamente a dare acqua alle piante
lambivano : sfioravano
regali : da regina, eleganti
tappato : chiuso ermeticamente
indissolubili : che non si riescono a slegare
occhieggiare : guardare incuriosita
gitanti : turisti
secchiello : « piccolo secchio», è usato dai bambini per trasportare l’acqua in spiaggia
paletta : strumento che i bambini usano per scavare nella sabbia
arti : braccia e gambe
cenno : movimento
opache : contrario di lucido
carezzarlo : accarezzarlo
la mancia : piccola ricompensa
posare : appoggiare
miopi : coloro che non vedono bene da lontano
puzzolente : che ha un cattivo odore
farfugliò : balbettò, disse con difficoltà
bagnino : colui che garantisce la sicurezza in spiaggia
bestemmie : imprecazioni
cavò : tolse
estrarre : tirare fuori
scostò : spostò
ombrellone : «grande ombrello» usato in spiaggia per proteggere dal sole
paternale : ramanzina, discorso che viene fatto per sgridare qualcuno
arguirle : intuirle
carcerato : qualcuno che viene messo in prigione per aver commesso qualcosa di cattivo

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